Progetti

AMOR MOVENTE

Ballate e canzoni di Francesco Landini e autori anonimi del ‘300

Il progetto esplora la diffusione e l’incidenza delle opere di Francesco Landini sugli anonimi autori dei contratenor e delle aliae voces contenute in alcuni testimoni, manoscritti in ambito settentrionale, evidenziando l’influenza dell’estetica pseudo-Francese al sorgere del movimento musicale della subtilitas italiana.

Fonti

Reina – Paris, Bibliotèque National, Ms. vonds nouv.acq. frç. 6771 (Codex Reina)
Sev – Sevilla, Bibl. Capitulare Colombina, Ms. 5-2-25
Manc – Lucca, Archivio di Stato, Ms. 184 (Cod. Mancini)
Fa – Faenza, Biblioteca Comunale, Cod. 117 (Codex Faenza)
Mod A – Modena, Biblioteca Estense, α.M.5.24 (lat.568)

 

Programma

S’i’ ti son stat’ e vogli’ esser fedele

Gentil aspetto in cuy la mente mia

Non do la colp’a te del dol che porto

Conviens a fede fe

Donna che d’amor senta

Non arà ma’ pietà questa mia donna

La dolce vista, che da ‘i ochi move

Questa fançolla, Amor, fallami pia

Poy ché da ti me convien partir via

Fortuna ria

Se pronto non sarà l’uom a ben fare

Che pena è questa

Contemplar le gran cose

 

Francesco Landini

Nato a Firenze e considerato uno dei più importanti compositori del Trecento, nonché altissimo esponente dell’Ars Nova, Francesco Landini è figlio d’arte: suo padre infatti è il pittore Jacopo del Casentino della scuola di Giotto. A causa del vaiolo, Francesco da bambino diventa cieco. Fin dall’infanzia, la sua sensibilità e propensione verso l’arte lo portano precocemente ad avvicinarsi alla musica, prima attraverso il canto e poi ricevendo un’istruzione musicale. Così scrive lo storico fiorentino Filippo Villani a lui coetaneo:

«Passato gli anni della infantia privato del vedere, cominciando a ‘ntendere la miseria della cechità, per potere con qualche sollazo allegerare l’orrore della perpetua notte, cominciò fanciullescamente a cantare».

Gli studi musicali lo conducono velocemente a ricoprire il ruolo di “Magister” e organista nella chiesa di San Lorenzo a Firenze. Già attivo a partire dal 1350, Landini raggiunge una vera e propria fama internazionale: le sue composizioni erano famose in tutta Europa.

Compositore e grande virtuoso dell’organo portativo, Landini è anche poeta. Amico di Petrarca nella Firenze dell’epoca, una città potente nonostante i conflitti interni e le piaghe della peste nera, Francesco è ammiratissimo e i suoi concittadini lo considerano una delle glorie della città: «Avemo in musica Francesco, cieco del corpo ma dell’anima illuminato, il quale così la teorica come la pratica di quell’arte sapea, e nel suo tempo niuno fu migliore modulatore de’ dolcissimi canti, d’ogni strumento sonatore e massimamente d’organi».

L’acquisizione delle nuove tecniche mensurali francesi, di cui Francesco si serve abilmente per donare una forte vitalità ritmica alla sua raffinatissima polifonia, generano in lui un nuovo stile, che trovano nella forma della ballata – fusione perfetta tra parole e musica – la sua dimensione ideale. Con il Landini, detto “Francesco degli organi”, la ballata trecentesca raggiunge i massimi apici espressivi; egli infatti la sveste del suo carattere “popolareggiante” e la innalza a sublime forma d’arte. La particolare concezione formale di tale genere musicale, nonché l’importanza data al testo poetico in relazione con la musica, avrà nei secoli successivi una decisiva influenza su compositori e musicisti con esperienze ed obiettivi artistici molto diversi fra loro: si potrebbe quindi affermare che grazie a Landini la ballata, mediante questa potente metamorfosi, arriva ad influenzare ancora oggi le canzoni dei nostri cantautori italiani, creando un immenso “trait d’union” tra il presente e le nostre meravigliose radici.

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